DALLA VIGILANZA PRIVATA DI MONDIALPOL AI FIDUCIARI DI NATIONAL SERVICES GROUP

Con grande piacere, pubblichiamo l’intervista realizzata dal magazine Vigilanza Privata Online all’Avv. Cristina Calleri, Managing Director di National Services Group National.

Avete fatto la storia della vigilanza armata per poi passare esclusivamente ai servizi fiduciari: ci racconta cos’è National Services Group e come ci siete arrivati?

National Services Group nasce dall’esperienza maturata nel settore vigilanza negli anni ’70, quando a Torino Giorgio Calleri fonda il gruppo di vigilanza armata Mondialpol. Fin dagli esordi il gruppo si distingue per una caratterizzazione evoluta e moderna: divise, mezzi e tecnologie erano gli elementi distintivi e portarono la figura della Guardia Giurata ad essere un elemento centrale di security. Passano gli anni e arriviamo all’abolizione delle tariffe prefettizie: la forza lavoro di Mondialpol era connotata da un’elevata anzianità di servizio che, sebbene rappresentasse alta professionalità, concorreva però a determinare un costo del lavoro non più sostenibile dalle tariffe “al ribasso” che si stavano purtroppo delineando. Da qui un importante investimento nella già nata National Services Group dedicata ai servizi fiduciari. NSG si può quindi definire una diretta emanazione di Mondialpol, dalla quale ha ereditato i valori di quello che fu forse il più moderno ed importante istituto di fine secolo. I diversi processi adottati hanno portato a ciò che oggi è NSG: una società altamente qualificata e specializzata in quelli che nell’accezione più semplice vengono liquidati come servizi di “portierato” e di “reception”, ma che nella realtà rappresentano un reale supporto operativo all’organizzazione e gestione operativa dei siti affidati, senza tralasciare l’analisi e la gestione dei rischi. Procedure, organizzazione e formazione sono, pertanto, i cardini su cui poggia lo sviluppo di ciascun appalto.

Proprio i servizi di sicurezza sono stati oggetto di una vasta battaglia sindacale (e mediatica) che ha portato – dopo 8 anni di salari immobili – a due rinnovi contrattuali a pochi mesi l’uno dall’altro…

Viviamo un momento particolarissimo. Ho armonizzato i salari dei dipendenti secondo quanto prospettato dal CCNL, ma ci tengo a rammentare che l’aumento del costo del lavoro non è solo determinato dagli adeguamenti salariali, ma anche dall’esigenza sempre più forte di rispondere alle politiche di welfare aziendale. NSG ha ad esempio implementato una piattaforma di scontistica riservata ai dipendenti per vestiario, food e altre categorie utili alle famiglie: ad una settimana dall’avvio, oltre il 30% dei dipendenti ha aderito. Questa iniziativa nasce non solo dalla tendenza all’innovazione nel nostro DNA, ma anche dalla volontà di perseguire tutte le strade possibili per offrire il meglio a chi fa prosperare e consolidare l’azienda. Il tutto determina però, a cascata, un aumento dei costi che le imprese sono costrette a sottoporre ai clienti…

…E la situazione è complessa, soprattutto per i contratti già in essere: l’utenza finale si mostra sensibile ai rincari del costo del lavoro?

L’utenza pubblica sembra meno sensibile del privato, ma è pure vero che ha dei limiti di spesa imposti dai diversi iter autorizzativi della gara e che possono non trovare soluzioni per richieste non autorizzabili rispetto a quanto stabilito nell’appalto. Il nuovo codice appalti, definitivamente in vigore dall’agosto scorso, può venire in aiuto permettendo di aumentare l’offerta al verificarsi di inconfutabili e dimostrabili aumenti del costo del lavoro oltre certe percentuali. Ma tale clausola non trova purtroppo riscontro negli appalti ancora in essere e già assegnati con il vecchio codice. Ma ciò che non è davvero ammissibile è che ancora oggi siano pubblicati bandi di gara con un costo del lavoro a tariffe ben più basse del CCNL. Tale è la sensibilità del pubblico…

Ravvisa un atteggiamento diverso nell’utenza privata?

Nel privato non sono rari i casi di richiesta di informazioni per capire meglio il nuovo CCNL. E non sono neanche rari i casi in cui, circostanziando i fatti e spiegando la responsabilità in solido nell’accettare tariffe più basse da quelle indicate, si giunge ad adeguamenti significativi. Riscontro, peraltro, una sensibilità più accentuata da parte di multinazionali straniere che, per etica aziendale, pretendono l’applicazione di tariffe ben al di sopra di quanto stabilito dai CCNL. Una logica volta a consentire al fornitore di sicurezza di meglio remunerare i propri dipendenti, consentendo di raggiungere standard qualitativi sempre più elevati, a tutto vantaggio dell’utenza.

È tra le poche donne al timone in un settore di appannaggio ancora prevalentemente maschile: a che punto siamo con la gender equality?

È vero, sono tra le poche donne alla guida di una società della sicurezza. Posso dire di gestire l’azienda con la diligenza della “buona madre di famiglia”. È tutta qui la rivoluzione che ho portato avanti: ribaltare i ruoli dimostrando che le sensibilità proprie di noi donne sono importanti quanto – e se mi permette forse più – di quelle di un uomo. Una sensibilità che mi ha portato a destinare persone nei ruoli chiave per le proprie capacità al di là del genere di appartenenza. In NSG altre donne rivestono ruoli di estrema importanza e nessun divario salariale viene applicato, così come nessuna preferenza di scelta viene adottata in base al genere all’atto dell’assunzione. Il tutto con un profondo rispetto delle necessità e richieste del personale: i servizi diurni, ad esempio, sono eseguiti con una forza lavoro prevalentemente femminile.

Il percorso di certificazione della parità di genere sta dando una spinta alla riduzione del divario di genere nel comparto sicurezza?

La certificazione della parità di genere è certamente un elemento utile alla riduzione del divario: ovviamente NSG ne è già in possesso, ma credo siano il cambio di mentalità e le policy adottate a determinare davvero un cambio di passo. È giorno dopo giorno che – cambiando, insieme all’azienda, questa visione – si annulla quel divario di genere che ormai non è più né aziendalmente né socialmente accettabile.